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Microplastiche: emergenza globale tra ambiente, salute e politiche di mitigazione

Introduzione: un inquinante onnipresente e silenzioso

Introduzione: un inquinante onnipresente e silenzioso

Le microplastiche — frammenti di materiale plastico con diametro compreso tra 1 µm e 5 mm — rappresentano oggi una delle principali minacce ambientali e sanitarie globali. Si generano attraverso processi di attrito, stress meccanico, fotodegradazione, esposizione termica o chimica, e si disperdono in ogni comparto ambientale: dall’atmosfera agli oceani, dal suolo agli organismi viventi. La loro ubiquità è tale che si stima che ogni essere umano ne ingerisca o inali quotidianamente una quantità non trascurabile, con effetti potenzialmente nocivi sulla salute. 

Nonostante la crescente consapevolezza pubblica e gli sforzi regolatori, il problema rimane in larga parte irrisolto. La produzione globale di plastica continua a crescere, e solo una minima percentuale è effettivamente riciclata. Al contempo, la comunità scientifica continua a evidenziare nuovi ambiti di rischio e vie di esposizione — molte delle quali ancora sottovalutate. 
Il consumo umano di microplastiche: quante ne ingeriamo davvero

Il consumo umano di microplastiche: quante ne ingeriamo davvero

Uno dei riferimenti più significativi per comprendere la portata del fenomeno è lo studio pubblicato su Environmental Science & Technology da Kieran D. Cox e colleghi (2019), che ha analizzato oltre 3 600 campioni di alimenti comunemente consumati negli Stati Uniti. I ricercatori hanno stimato che un adulto ingerisce tra 39 000 e 52 000 particelle di microplastiche (MP) l’anno, un numero che può salire fino a 121 000 MP se si considera anche l’inalazione. 

La fonte di acqua potabile incide in modo determinante: chi consuma esclusivamente acqua in bottiglia ingerisce circa 90 000 MP in più ogni anno rispetto a chi beve solo acqua del rubinetto (4 000 MP). Queste stime, già allarmanti, sono considerate per difetto, poiché le nanoplastiche — migliaia di volte più piccole e ancora più pervasive — non erano comprese nell’analisi. 
Acqua in bottiglia, vetro o lattina? Le nuove evidenze sulla contaminazione

Acqua in bottiglia, vetro o lattina? Le nuove evidenze sulla contaminazione

Una revisione pubblicata sul Journal of Hazardous Materials (Concordia University, 2025) ha evidenziato come chi beve regolarmente acqua in bottiglia assuma in media 90 000 MP in più l’anno rispetto a chi beve acqua di rete. 

La sorpresa arriva da uno studio dell’Agenzia francese per la sicurezza alimentare (ANSES), pubblicato sul Journal of Food Composition and Analysis (2025): le bottiglie in vetro contengono in media più microplastiche di quelle in plastica o in lattina. L’acqua in vetro presenta 4,5 MP ℓ⁻¹, contro 1,6 MP ℓ⁻¹ del PET. Le bevande gassate e aromatizzate arrivano fino a 100~110 MP ℓ⁻¹ nelle bottiglie di vetro, con valori fino a 133 MP ℓ⁻¹ nella birra confezionata in vetro di piccolo formato. 

L’origine di questa contaminazione è sorprendente: non il materiale del contenitore, ma i tappi, spesso rivestiti con film plastici graffiati o danneggiati durante lo stoccaggio. Test mirati hanno mostrato che una semplice pulizia dei tappi con aria compressa e soluzione alcolica può ridurre la concentrazione da 287 MP ℓ⁻¹ a 87 MP ℓ⁻¹. 
Tra divieti, tasse e riciclo: l’efficacia delle politiche di riduzione

Tra divieti, tasse e riciclo: l’efficacia delle politiche di riduzione

Oltre cento paesi hanno introdotto normative che vietano o tassano l’uso dei sacchetti di plastica. Uno studio dell’Università del Delaware e della Columbia University (2025) su oltre 45 000 campagne di pulizia delle coste negli Stati Uniti ha mostrato una riduzione della presenza di sacchetti tra il 25 % e il 47 %. Le tasse sono risultate più efficaci dei divieti parziali, mentre i divieti totali restano l’opzione più potente. 

Sul fronte del riciclo, un esperimento dell’Università della Columbia Britannica ha esplorato la “lotteria del riciclo”: offrire premi in denaro, anche con basse probabilità di vincita, motiva più dei piccoli rimborsi certi. In Norvegia, dove il sistema è attivo, il tasso di riciclo delle bottiglie in PET ha raggiunto quasi il 100 %. 
La necessità di un trattato globale: verso una governance della plastica

La necessità di un trattato globale: verso una governance della plastica

Il cosiddetto “Global Plastics Treaty” rappresenta un’occasione unica per imporre regole universali sulla produzione, sull’uso e sulla responsabilità chimica dei materiali plastici. Il trattato mira a regolare l’uso di sostanze tossiche (come BPA e ftalati) e a far pagare i costi sanitari e ambientali ai produttori, secondo il principio “chi inquina paga”. La cooperazione tra governi, industria e scienza sarà cruciale per realizzare una governance efficace della plastica a livello globale. 
Conclusioni: dal problema alla responsabilità condivisa

Conclusioni: dal problema alla responsabilità condivisa

Il tema delle microplastiche riguarda direttamente le nostre scelte quotidiane, le politiche industriali e le strategie globali di sostenibilità. La scienza ha dimostrato che la plastica è una minaccia sistemica per salute, economia e ambiente. Ridurre la produzione, migliorare il riciclo, limitare i polimeri e promuovere innovazioni nei materiali sono passi necessari ma non sufficienti: serve un impegno collettivo e cooperazione internazionale per spezzare il ciclo della plastica.
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