Spreco alimentare: una sfida che riguarda tutti
Spreco alimentare, effetti collaterali
Ogni anno ricorre la Giornata mondiale contro lo spreco alimentare, per ricordarci come la gestione di ciò che produciamo annualmente potrebbe essere resa più efficiente. Un terzo di quanto prodotto annualmente finisce per essere scartato come conseguenza di dispersione alimentare (food loss) e spreco alimentare (food waste). La prima è da intendersi come la perdita di quantità o qualità di cibo a seguito di decisioni o azioni dei fornitori di alimenti nella catena, esclusi i dettaglianti, i fornitori di servizi alimentari e consumatori, mentre il secondo si riferisce alla perdita di quantità o qualità di cibo risultante proprio dalle scelte o dalle azioni di consumatori, dettaglianti o fornitori di servizi.
Per rispettare i traguardi dell’Agenda ONU 2030, entrambi i fattori andrebbero diminuiti notevolmente. Le responsabilità di questi numeri interessano, quindi, ogni attore della filiera, dal produttore fino al consumatore finale, il quale dovrebbe essere cosciente che — secondo gli avvertimenti della FAO — per ogni chilogrammo di cibo prodotto vengono rilasciati 4,5 kg CO₂ nell’atmosfera. I rifiuti alimentari creano infatti inquinamento da anidride carbonica equivalente a circa l’8 % delle emissioni totali di gas ad effetto serra prodotte dall’Uomo.
Per rispettare i traguardi dell’Agenda ONU 2030, entrambi i fattori andrebbero diminuiti notevolmente. Le responsabilità di questi numeri interessano, quindi, ogni attore della filiera, dal produttore fino al consumatore finale, il quale dovrebbe essere cosciente che — secondo gli avvertimenti della FAO — per ogni chilogrammo di cibo prodotto vengono rilasciati 4,5 kg CO₂ nell’atmosfera. I rifiuti alimentari creano infatti inquinamento da anidride carbonica equivalente a circa l’8 % delle emissioni totali di gas ad effetto serra prodotte dall’Uomo.
In Italia si spreca...
La rilevanza quantitativa dello spreco alimentare in Italia appare oggi più evidente che mai. Gli ultimi dati disponibili evidenziano come il Paese generi annualmente circa 4 513 000 t di rifiuti alimentari, con un impatto economico stimato in 14,1 Md EUR/anno. Di questa cifra, oltre 8,24 Md EUR sono imputabili esclusivamente alle fasi di consumo domestico, confermando come lo spreco a livello familiare costituisca una delle componenti più critiche della filiera.
È interessante considerare la composizione merceologica dello spreco, la quale conferma un’incidenza maggiore su prodotti altamente deperibili, come frutta fresca, verdure, pane e insalate; tale dato riflette criticità legate sia alla conservazione domestica sia alla pianificazione degli acquisti.
È interessante considerare la composizione merceologica dello spreco, la quale conferma un’incidenza maggiore su prodotti altamente deperibili, come frutta fresca, verdure, pane e insalate; tale dato riflette criticità legate sia alla conservazione domestica sia alla pianificazione degli acquisti.
Nonostante segnali di miglioramento nel lungo periodo (riduzione dai circa 650 g settimanali del 2015 ai 555,8 g nel 2025), l’Italia rimane distante dall’obiettivo definito dall’Agenda ONU 2030: limitare lo spreco a 369,7 g pro capite a settimana. Il divario attuale suggerisce che, senza misure aggiuntive, gli obiettivi internazionali difficilmente saranno raggiunti.
Le cause sono da ricercarsi nell’inadeguatezza dei sistemi di trasporto, stoccaggio, processo e confezionamento, così come nella vendita al dettaglio, oppure nei comportamenti del singolo consumatore.
Le aziende del settore alimentare offrono un prodotto altamente differenziato; quindi, sarebbe opportuno che ciascuna promuovesse campagne contro lo spreco alimentare oltre a implementare sistemi di gestione più efficienti per risolvere il problema a monte.
... ma i provvedimenti non mancano
In questo contesto emergono anche iniziative territoriali con un ruolo potenzialmente mitigante. A Milano, per esempio, risultano attivi otto food hub dedicati al recupero e alla redistribuzione delle eccedenze alimentari tramite una rete coordinata di enti pubblici e privati. Nel solo 2024, questi “centri di smistamento alimentare” hanno recuperato 795 t di alimenti, successivamente trasformati in oltre un milione e mezzo di pasti destinati a persone in condizione di fragilità.
Sempre a Milano e anche a Roma è attivo dal 2016 il progetto RECUP, che si occupa di recuperare dai mercati rionali e dagli ortomercati il cibo invenduto (frutta e verdura) e lo redistribuisce gratuitamente a chiunque, limitando in questo modo lo spreco.
Analogamente, il Comune di Bologna, con il progetto Non si butta via niente, nei primi sei mesi del 2025 ha recuperato 5 t di alimenti provenienti da diversi attori della filiera locale.
Sempre a Milano e anche a Roma è attivo dal 2016 il progetto RECUP, che si occupa di recuperare dai mercati rionali e dagli ortomercati il cibo invenduto (frutta e verdura) e lo redistribuisce gratuitamente a chiunque, limitando in questo modo lo spreco.
Analogamente, il Comune di Bologna, con il progetto Non si butta via niente, nei primi sei mesi del 2025 ha recuperato 5 t di alimenti provenienti da diversi attori della filiera locale.